da: www.corrierecomo.it - 30/06/2011

Articoli su Davide e il suo mondo apparsi su giornali e riviste

Moderatore: Baristi

da: www.corrierecomo.it - 30/06/2011

Messaggioda marina » ven lug 01, 2011 12:24 am

De Sfroos conquista l’Arena

L’intervista - Il cantautore laghée traccia il bilancio di una stagione trionfale, segnata dal quarto posto a Sanremo e dal successo del disco “Yanez”
Una stagione trionfale, sei mesi vissuti da protagonista assoluto della musica d’autore. Prima il successo del suo dialetto a Sanremo, con un quarto posto inaspettato e arrivato passando attraverso la conquista della critica. Poi, sulle onde solcate da Yanez, un nuovo album che per non sbagliare posizione arrivava fino al quarto posto assoluto delle classifiche dei dischi più venduti. Infine, per chiudere il primo semestre del 2011, il più importante della carriera di Davide Van De Sfroos, un tour teatrale che ha toccato gran parte dell’Italia facendo registrare ovunque sold out. «Sono stati mesi intensi – racconta il cantautore lariano – quello del musicista non è solo un lavoro fisico, la parte concettuale e creativa richiede molti sforzi. Costruire un disco e registrarlo mentre devi pensare al Festival e poi partire per un tour sotto l’effetto Sanremo richiede uno sforzo enorme. Si sono intrecciate molte cose, ma grazie allo staff che lavora con me siamo riusciti a mantenere il giusto equilibrio e la necessaria solidità».
Quali le soddisfazioni più significative?
«Sicuramente i concerti in alcuni bellissimi teatri. Oltre al Sociale di Como, che rappresenta sempre il ritorno a casa, ricordo Verona, Cremona, Bergamo, teatri dove abbiamo suonato anche due giorni di seguito. E poi l’accoglienza a Sassari, la Sardegna è la mia seconda casa».
Ma ora, come cantava Ron, ha davanti un altro viaggio e una città per cantare. Si riparte con il tour estivo.
«Sarà una tournée molto più rock. Se nei teatri la chiave intimistica e acustica richiedeva una giusta attenzione, la scaletta dell’estate recupererà diversi brani del passato con un approccio più dinamico, insomma il pubblico potrà avere una partecipazione più fisica».
E una nuova conquista, l’Arena di Milano.
«È un luogo importante, è un palco-simbolo come quello del Forum o degli Arcimboldi, templi della musica dove hanno suonato artisti e gruppi che hanno fatto la storia del rock. Il 2 luglio ripartiremo da qui».
Riascoltando “Yanez”, quale canzone le fa pensare “questa è proprio bella”?
«Sicuramente l’altro potenziale singolo, La machina del ziu Toni. Ha un grande impatto live, è una piccola Curiera. Poi, per l’emotività dei dialetti, Dove non basta il mare e per i temi che tratta La figlia del tenente».
Cosa ne pensa del premio Mogol dove è giunto in finale?
«Mogol è un simbolo per chiunque componga canzoni, il suo nome e la sua presenza sono una garanzia. Alessandro Mannarino, che ha scritto una bella recensione del mio disco su “Panorama”, è una vera novità, di Max Gazzè ammiro il cubismo musicale».
Ma ha vinto Jovanotti.
«Sì, perché Lorenzo è un cantastorie del nostro tempo, un lucido interprete. Ha un suo stile di intonazione e il suo disco è ricco di sorprese, soprattutto tra le canzoni più strane e meno note».
Qual è il prezzo da pagare per il successo?
«Si paga duramente lo sforzo di rimanere lontani da casa e dalla famiglia. A volte per andare in posti che non ti appartengono. Loro sono tanti e tu sei uno che deve rimanere in equilibrio con se stesso e il proprio lavoro. È difficile togliere la casacca di De Sfroos, con questo lavoro finisci per indossarla sempre».
Anche perché quasi tutte le iniziative musicali la vedono sostenitore convinto.
«Quando ti metti in gioco nei confronti della musica è giusto farlo. In questi anni abbiamo sostenuto molte iniziative per i giovani, da “Musica in Rete” a “Indico”, progetto che culminerà con il “Festival Folk” al Teatro Sociale di Como. La musica non è solo successo: è stare insieme, praticarla, confrontarsi, la musica salva dalla noia e dall’indifferenza».
De Sfroos si sente più poeta o più cantante?
«La cosa bella della parola poeta è che non si sa cosa vuol dire. Come direbbero in America sono uno “storyteller”, un cantante che usa voce e musica per raccontare quello che ha scritto. Ma meglio essere un poeta che una star».
Per chi le piacerebbe scrivere una canzone?
«Per molti. D’istinto e per il suo modo di suonare però direi Ry Cooder. Se mai me lo chiedesse ne sarei davvero onorato. Ma anche per Irene Fornaciari (la figlia di Zucchero che ha duettato con De Sfroos sul palco dell’Ariston, ndr) che ha una bellissima voce».
È finito anche su “Playboy”, uno di quei giornali in cui si accenna in un brano di “Yanez”.
«Ecco, questa è una cosa molto divertente, in quel numero c’erano anche Cameron Diaz e Benicio del Toro. Tutto un paese mi ha ringraziato perché ha finalmente potuto comprare quella famosa rivista senza nascondersi ma precisando che “c’è un’intervista al Davide!”. Addirittura mio suocero leggendola si è commosso. Ma chi vedeva un uomo di mezza età piangere mentre sfogliava “Playboy” non capiva e scuoteva la testa».

Maurizio Pratelli

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