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Articoli su Davide e il suo mondo apparsi su giornali e riviste

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Messaggioda robsfroos » mar mag 17, 2011 1:09 pm

. SASSARI. «C'è chi ha il mal d'Africa, io ho il mal di Sardegna». Non è una frase di circostanza troppe volte ascoltata per accattivarsi il pubblico ma un'affermazione che appare davvero sentita quella di Davide Van De Sfroos, lombardo di nascita e sardo per aspirazione. Così racconta la sua passione per l'isola il musicista rivelatosi al grande pubblico nell'ultimo festival di Sanremo con la sua accattivante e salgariana «Yanez», appena dopo il trionfante concerto tenuto giovedì al Palazzo di Città, per il festival «Abbabula», dove non è certo passato inosservato l'adesivo della nostra Sardegna sulla chitarra, la stessa usato proprio sul palco dell'Ariston. «E' stato un legame istintivo - racconta il cantautore lombardo - nato la prima volta che per vacanza ho visitato l'isola a 14 anni. Dovevo stare una settimana, finì che ci restai un mese. Rimasi affascinato dal posto e dai sardi. Rimasi folgorato. E quando certe cose ti entrano dentro non possono più uscire. Col tempo questa sensazione si è rafforzata grazie alla musica. Sono nate collaborazioni con le Balentes, Beppe Dettori, Francesco Piu e tanti altri. Ho voluto approfondire le mie conoscenze sulla cultura, la storia, le tradizioni della vostra terra. Ho letto così diversi libri, da quelli della Deledda all'«Accabadora» di Michela Murgia. Mi sono immerso anche nei film, da «La destinazione» a «Disamistade». Stare qui una settimana tra Porto Cervo e le boutique non significa conoscere questa terra e i suoi abitanti. Si vede solo che è bello il mare e ci sono posti dove spendere i propri soldi. Bisogna stare con i sardi e lasciarsi incuriosire dalle loro parole e i modi di fare». Ingordo mai sazio di cultura insomma, con una grande voglia di conoscere a fondo l'isola. «Non è strano per niente - spiega - osservando meglio dall'esterno si ha uno sguardo forse un po' più attento, c'è una forte curiosità su tutto quanto e gli stimoli qui certo non mancano». Nelle sue canzoni si esprime sempre in dialetto (tramezzino o laghèe) e lo ha portato anche sul palco di Sanremo con la canzone «Yanez»: un bel traguardo raggiunto. «Anche per questo devo ringraziare ancora la vostra terra. Prima al festival, non si poteva cantare in una lingua che non fosse l'italiano, finchè non sono arrivati i Tazenda. Ci sono dovuti andare con Bertoli che gli faceva da sottotitolatore vivente. L'accoppiata un po' strideva, ma allora era l'unico modo. Grazie a quella canzone, oggi si può cantare a Sanremo in qualunque dialetto e se Carmen Consoli, Battiato, Albano o anche Davide Van De Sfroos, hanno voglia di esprimersi nel loro dialetto ora lo possono fare senza restrizioni. E' un grande passo avanti perchè, nel mio caso, sono arrivato lì essendo me stesso. Non ci sarei mai andato se non avessi potuto cantare come ho sempre fatto da quando ho iniziato a comporre». Poesia popolare contemporanea in un concerto (tutto esaurito) di musica folk e blues. Un pubblico entusiasta che non ha perso occasione per applaudire e cantare le canzoni del cantautore di Monza dedicato un brano alla musica sarda: Ninna Nanna» in cui riprende alcuni passi della «Anninnia» logudorese «Celeste tesoro» eseguita sul palco, per l'occasione insieme al chitarrista di Osilo, Francesco Piu. Oggi a Palazzo di Città di scena Joe Perrino (ore 19). Dalle 20 in piazza Tola Amor Fou e Casino Royale. Andrea Musio
14 maggio 2011
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