da: "www.mescalina.it" - del 08/04/2011

Articoli su Davide e il suo mondo apparsi su giornali e riviste

Moderatore: Baristi

da: "www.mescalina.it" - del 08/04/2011

Messaggioda marina » lun apr 18, 2011 11:10 am

Conosco il Davide da molti anni, ho recensito i suoi dischi e i suoi concerti e l’ho intervistato in tempi ormai remoti, quando ancora non se lo filava quasi nessuno; l’ho incontrato decine di volte e ogni volta che ho occasione di assistere a un suo concerto cerco di non farmela scappare… poi tutte le volte che ci rivediamo finiamo per dissertare di dischi e canzoni, insomma: possiamo dire che tra noi c’è un’amichevole familiarità. Quando alla fine dello scorso novembre m’è giunta voce di una sua possibile partecipazione a Sanremo ho avuto più di una perplessità “che c’azzecca il Davide con Sanremo?”; ma guardando la cosa da un’altra prospettiva, quella aziendale, mi rendo conto che per “l’azienda De Sfroos” la partecipazione al festival nazionalpopolare sia una vetrina pubblicitaria e una carta che si può anche giocare (non scandalizzi il lettore il termine azienda: sotto l’egida De Sfroos si guadagnano il pane una quarantina di persone, per fare un esempio anche Jimmy Buffett per l’indotto che gli gira attorno è considerato un’azienda ma nessuno si scandalizza per questo).

Sotto questo aspetto mi pare che la presenza di Davide Van De Sfroos sia stata una carta che ha sortito il suo effetto: qualche polemica per il dialetto sventata con l’interpretazione della degregoriana Viva l’italia, passaggi televisivi, riflettori mediatici accesi e via dicendo. Sotto l’aspetto dell’arte sono sempre del parere che “l’esserci” a Sanremo non sia propriamente qualificante, ma l’altro giorno una signorina al tavolo della mensa del centro artigianale se n’è uscita squittendo che un certo signor Springsteen una comparsata a Sanremo l’ha fatta pure lui qualche anno fa (e se è vero che la gente non per questo ha smesso di amare il Boss, ciò non gli ha cresciuto il numero dei fans). Lo confesso: non guardo Sanremo, non mi interessa, ma ho visto su youtube la decorosa e onesta esibizione di Davide; qualche perplessità ce l’ho ancora: “che c’azzecca?”. E’ comunque evidente che ciò che transita nel festival ligure riguardi particolarmente connessioni con le priorità del mercato mercantile.

Dopo la soprastante doverosa e forse un po’ noiosa premessa veniamo dunque a disquisire di questo nuovo disco, un cd che sta girando da un bel po’ di giorni nel mio lettore e che mi regala momenti d’entusiasmo coinvolgente e altri un po’ scivolosi che non assumono sembianze definitive ben delineate; la capacità di scrittura del Davide non si discute, le sue polaroid narrative mantengono il loro fascino, ma c’è qualcosa di indefinito che in alcuni passaggi non si focalizza come dovrebbe o, meglio ancora, come potrebbe. Oddio!! Yanez è un disco piacevole, questo non si discute! ma Pica gli era (e gli è) superiore: belle storie, bell’energia, bei suoni, una compattezza e una densità d’insieme dominante.

Personalmente penso che Yanez rappresenti il suo period of transition, un intervallo di dislocamento verso un nuovo ciclo. Dentro questo lavoro c’è la piacevolezza dei suoi vecchi dischi come E Semm Partì, [un album da riscoprire e da rivalutare], ma io so che Davide può fare di più e di meglio. Non si leggano queste note come un giudizio sfavorevole, anzi! Trovo che sia un lavoro pervaso di gradevolezza anche se legato a stilemi già sentiti in passato; ma con un po’ di coraggio in più avrebbe potuto spaccare le montagne (a tal proposito ricordo che un annetto fa mi parlava di un progetto acustico, qualcosa che si ponesse tra Guy Clark, Kris Kristofferson e Johnny Cash, mi enunciava di un lavoro in sottrazione e spazi di riverberazione dove lasciare fluire pochi suoni in profondità). Comunque sia, a me è piaciuto. Per quanto mi riguarda lo leggo come un disco sostanzialmente concentrato in due intelaiature, come un vecchio LP con i fronti “A” e “B”, uno dinamicamente più arioso e pieno di vita, uno più introverso e meditativo.

Parlando delle singole canzoni cominciamo dall’iniziale El Carneval De Schignan con le sue baldorie latine tra Willy De Ville e ritmi festaioli, girotondi mascherati d’allegria e un chiodo rassegnato nel cuore. Long John Xanax, la dolorosa Ciamel Amuur e Dona Luseerta sono classiche ballate alla De-Sfroos con uno spruzzo di romanticismo, una fetta di malinconia, emotività & ricordi di ieri. L’espansiva Il Camionista Ghost Rider è una delle canzoni più apprezzabili, una gemma sfolgorante con arieggiate atmosfere di Americana, uno sparo d’allegra simpatia e un po’ di surrealismo, un traguardo finale ironico e la celebrazione del potere magico della musica di riempire angoli onirici e spazi circostanti. Momenti di forte struggimento per la bella Maria, una storia di scaglie di vetro spezzato nelle carni e nell’anima di una giovane prostituta a cui è negata la speranza e la luce dell’alba. Yanez bene o male l’abbiamo ascoltata tutti, simpatica canzonetta con la bella cromatura della tromba ed echi di cose già sentite; poi, tra le altre tracks, c’è La Machina Del Ziu Toni che addenta le corde della nostalgia per i giorni dell’innocenza. El Pass Del Gatt è una di quelle belle ballads che non finiranno mai di conquistarmi, piena di poesia crepuscolare, bello il ritornello fischiettato sottolineato dalla fisa e dalla steel su un tappeto d’harmonium. Setembra segue sentieri più sghembi, un po’ alla Tom Waits e un testo sardonico e, di rimbalzo, beffardo; liriche dove vengono a galla facce avvinazzate di perdenti che domani continueranno a sudarsi la vita… ecco! sono proprio queste figure di perdenti che si cuciono gli strappi dell’ennesima sconfitta che si infiltrano nel brodo delle molte tracce del cd e spargono semi di rassegnata afflizione a caratterizzare questo lavoro.

La partecipata Dove Non Basta Il Mare mischia ospiti e le loro lingue italiche e la ricerca di sé nel luogo del proprio io, di quell’isola al di là del mare dell’anima; l’antimilitarista Il Reduce è una storia sopravissuta all’orrore mentre La Figlia Del Tenente è un suggestivo diamante crepuscolare, una delle songs più belle e riuscite dell’album; una perla di cristallina emozione scorticata e sfregiata dalla vita; strumentazione minimale con un pianoforte notturno in prima fila, contrappunti di viola e violoncello e un accento dell’elettrica nel finale. Blues Di Santa Rosa scova rimembranze tomwaitsiane nella sbrecciata tazzina da caffè di Chuck E. Weiss, notti appiccicose che colano sui fianchi e fluidi organici che scorrono tra impulsi e appetiti… E, come da tradizione desfroosiana, Rosa Del Vento chiude il sipario con una piccola preghiera dedicata ancora una volta al vento (e a un affetto redentore).

Yanez: un passo breve nel cammino visionario di grande camminatore. Voglio bene a quest’uomo, so che ha in serbo parecchie cartucce da sparare con il suo moschetto; cartucce & cartoline poetiche che ci sbalordiranno quando busseranno ai nostri cuori di pietra; per ora gustiamoci questo disco e lasciamo che scorra sui canali dei nostri affluenti per recapitarci attimi di giocondo sollievo e occasioni di riflessione, di canzoni così ne abbiamo sempre bisogno.

Claudio Giuliani

http://www.mescalina.it/musica/recensio ... roos-yanez
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Re: da: "www.mescalina.it" - del 08/04/2011

Messaggioda Cialtroskj » mar apr 19, 2011 10:31 am

Onesto.
Purtroppo i Critici si chiamano critici per un motivo logico.Altrimenti si chiamerebbero adulatori.....
"Quando sei nato piangevi e tutti intorno a te ridevano.Fa che quando te ne andrai tu possa ridere e tutti intorno a te piangano.."
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