da: "www.blog.vanityfair.it" del 22/02/2011

Articoli su Davide e il suo mondo apparsi su giornali e riviste

Moderatore: Baristi

da: "www.blog.vanityfair.it" del 22/02/2011

Messaggioda Lohana » mar feb 22, 2011 2:30 pm

Van De Sfroos e Sanremo. In tempi non sospetti

Prometto che poi per un po’ la smetto con Davide Van De Sfroos, perché non vorrei passare per un adolescente. Però vorrei ricordare che, in tempi lontani, avevamo chiesto al cantautore «laghée» un intervento proprio su Sanremo. Era il febbraio 2009, Davide aveva già vinto il premio Tenco e decidemmo di chiedergli un pezzo per la nostra rubrica L’Ospite dedicato al Festival. Nessuno, allora, poteva pensare che due anni dopo lui sarebbe stato uno dei protagonisti sul palco dell’Ariston, anche se, a rileggere bene oggi quello che diceva allora, qualcosa si poteva intuire. (Daniele Bresciani)

La musica si muove, rotola, ti raggiunge e si aggrappa, poi se ne va e a volte ritorna. Ti arriva addosso, ti conquista, ti stressa, ti fa dondolare la testa o girare le palle, ma qualcosa comunque ti fa muovere. È semplice il grafico del suo percorso: attraversarti come una rete e voltarsi a guardare che cosa ti ha lasciato impigliato dentro; ma per farlo ha bisogno di un palco. Da bambino salivo sul tavolo della sala dei nonni con un foulard in testa e un battipanni come chitarra, mi agitavo e gridavo cose che mi aveva insegnato la radio. Il tavolo era un palco. Era un palco la sedia sulla quale cantavi Campane di Montenevoso, era un palco il muretto fuori dalla chiesa sul quale intonavi La canzone del sole dopo il rosario. Ci sono palchi reali e palchi virtuali, palchi di legno e ferro e palchi radiofonici, televisivi o dentro la rete. Forse è più facile cantare una canzone che parlare di chi la canta. Forse è più facile ascoltare una canzone che stare a valutare su che palco l’abbiamo sentita, prima di decidere se possiamo dire che ci è piaciuta. A volte abbiamo dei pruriti e spesso sentiamo una strana forma di integralismo farsi largo dentro di noi. E, come per magia, può capitare che la canzone non sia più al centro dell’attenzione, mentre vengono messi a fuoco il dove, il quando e il chi. Ho sentito gente farmi i complimenti per essere stato al Premio Tenco senza sapere che cosa o come avessi cantato, e qualcuno che invece era deluso perché ero andato a cantare una canzone sul palco nazionalpopolare di Domenica In.
Da anni, quando si avvicina il Festival, incontro persone che mi chiedono come mai non ci vado e altre terrorizzate dall’idea che io possa parteciparvi. Eppure, anche se «Sanremo è Sanremo», chi sale su quel palco ha un nome e un cognome proprio, una voce sua e una canzone da cantare. Credo che un palco debba rimanere un palco, e che possa diventare più importante dell’artista soltanto nel caso in cui crolli mentre questo ci si sta esibendo sopra.
Molti personaggi hanno vinto Sanremo, a volte misteriosamente e altre con merito, ma se al successo non sono seguite vendite o notorietà, non
«VASCO, RUGGERI, ZUCCHERO FORSE NON DEVONO DIRE GRAZIE AL FESTIVAL, MA CERTO MALE NON GLI HA FATTO»
credo la colpa sia del potere occulto di quel palco. Vasco, Zucchero, Ruggeri, Bocelli, Ranieri – e chi più ne ha più ne metta – forse non devono dire né grazie né prego a quello stesso palco, perché la loro arte sarebbe andata a destinazione comunque, ma di certo male non gli ha fatto.
Una canzone o la canti o non la canti. Se decidi di aver fiducia in lei e se ti sta a cuore il fatto che altri la sentano, hai il diritto e il dovere di cercare di salire su tutti i tipi di palchi, bassi, medi o alti, adatti al tuo genere ovviamente.
Ma attenzione: così come un palco non dovrebbe toglierti quello che ti meriti, non dovrebbe nemmeno regalarti colori che non ti appartengono, perché c’è sempre un momento in cui la vernice viene via, e a quel punto fa male.
Uno show accattivante come X Factor ci ha mostrato nella sua vetrina talenti che magari non avremmo mai conosciuto. Ovvio: all’Italia che si finge guardinga e che poi si scopre guardona piace anche tutto il condimento di gente che piange e che litiga e che si azzuffa o si insulta, ma alla fine credo che il pubblico le orecchie le abbia, e qualche idea se la possa fare, e qualche disco lo riesca anche a comperare.
Una cosa è sicura: non basta andare a X Factor per avere l’X Factor. E sorge la domanda: il successo esplosivo di Giusy Ferreri è stata una benedizione derivante da quel palco mediatico, oppure la trasmissione è stata solo la rampa di lancio di una persona che aveva già i numeri per funzionare? E visto che ci siamo mettiamoci anche la Provvidenza, che qualcuno traduce con «sana botta di culo». Lo stesso destino non l’hanno certo avuto i vincitori della scorsa edizione, gli Aram Quartet, che sono comunque una macchina da guerra dal punto di vista artistico. E allora, che dire? Beh, se vuoi vivere cantando una canzone è meglio che siano in tanti a sentirla, soprattutto se è bella.
Se non ci riesci, canta che ti passa.
(Davide Van De Sfroos)
Lohana "Mastra Lucertolaia".
".... 'na stéla giàamò crépàda che ségüüta a lüsìi de la ràbbia..."
Lohana
 
Messaggi: 458
Iscritto il: mer feb 19, 2003 6:39 am
Località: Albavilla -CO-

Torna a Rassegna stampa

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 47 ospiti

cron