da SLOBO » mer giu 08, 2005 11:23 pm
la musica da fanfara, la Kočani Orkestar,rimpiattinava tra le trifore dell'antica piazza del centro e le gambe di Teo, penzoloni dalla balaustra della scalinata scalciavano le note per rilanciarle lontano, oltre i tetti, verso terre lontane.
Ventoso vento caldo si stava in quei minuti arrendendo alla corrente da nord, improvvisa, desiderata, sfrontata in quella torrida estate.
Gli elementi dell'orchestra su un palco davvero tridimensionale visto da quel "tre quarti aereo"; e la musica volava e faceva volare.
I quattordici anni del Teo mutavano espressione sulle righe del suono.
Sedicenne con le note grevi e basse, dodicenne affascinato dai colori su quelle frizzanti ed alte, quelle da giostra.
Sentiva, vedeva, in quei tromboni lo scoppio dei temporali sulla Lipkova e
Kojnarka, dove i due fiumi si amano.
Sentiva, vedeva, in quel dritto flauto la crepitante canna di un Ak 47 - un Kalashnjkov- che festeggia in aria la nascita di un primogenito.
La stessa canna che avrebbe difeso casa e maiali da altri maiali, offeso altre carni.
I fiati ed il tamburo della Kočani non restavano all'ombra dei monasteri o dei palazzi di Tetovo e Skopie. Dall'alto del monte Titov Vrh il sax faceva planare falchi sulle trote nel Vardar.
Inerpicava, la tromba, il rilievo Sar Planina per entrare in Kosovo dove i tasti emettono ancora sangue e lacrime.
Spinte dalla secca estate le farfalle liberate dal cembalo, pascolate dalle mani e dai fianchi del ballerino transumano tra Makedonija, Italia, Srbja....
Si appoggiano ai tetti dei camion, delle roulottes che scarrano verso la Sava che incontra il Danubio alla periferia fatta di massicci, fragili dentro, edifici grigi.
Nel riflesso degli ottoni i falò dei giovani al fiume, nella pelle del tamburo le rughe profonde di un vecchio che guarda se stesso in una pozzanghera temporalesca.
Teo tutto questo non lo aveva mai visto, i suoi quattordici anni si erano dipanati da un istituto all'altro -vagabondo sociale-.
Quelle immagini, miste all'odore di čevapčici, raznjiči
e salsa ajvar forte di paprika, gli erano state trasmesse da Goran il contrabbandiere posteggiatore e da Slobo il portinaio.
Ed erano suoni ed erano colori ed odori, a volte gioia a volte paura. Musica da "matrimoni e funerali" come ogni respiro di quei due.
"Mesecina, mesecina, oj-oj oj-oj nema sunce nema sunce". Mesecina (meseZina, prn), chiaro di luna-moonlight, niente sole niente sole.
Quel sole che stava arroventando l'italia era per quelle ore ingabbiato nella musica, nella luna e nella corrente da nord.
Dei noglobalotti in ceramica, "social chic" controgriffati, danzavano a bordo palco. Borghesi rastamannati.
Il concerto volgeva alla fine ed i quattro tromboni, la tromba, il sax, il flauto, il tamburo la voce col cembalo sembravano in uno spazio, un bistrò, della pianura pannonica.
Giocavano i dolori del lago di Skutari, le gite festose ed i corpi esposti sulle tolde, ancor recente monito per i fuggitivi albanesi: musica estintore e benzina della "polveriera balkanika".
Alla fine il bis, giu dal palco, sotto il portico, fuori dalla piazza, ai piedi di un Dante pensoso che di cose strane ne ha viste......ma questa !!!"
(un sogno fatto ad okki aperti ed orekkie rapite, lo dediko ad un altro sogno: di un koncerto di Davide molto musikale, poko parlato, band a banda...)