da breva » mar giu 15, 2010 12:59 pm
Ha vinto l'amore per la musica
di Lucia Carenini e Silvano Rubino
14/06/10 - Un evento riuscito soprattutto per un motivo: non è stata una mera alternanza di spezzoni di spettacolo, tenuti assieme da un filo conduttore qualunque inventato lì per lì, ma un vero progetto in cui gli artisti sono stati stimolati a partecipare, con il risultato che quasi tutti hanno proposto qualcosa di nuovo. In parole povere, non solo gli spettatori avevano “la sensazione” di vedere qualcosa di inedito, proprio lo hanno visto. E le esibizioni migliori sono state proprio quelle che emanavano quello sforzo in più: un esempio su tutti il set in romanesco di Syria e Pino Marino. Insomma qualcosa che è andato oltre al normale concetto di “rassegna”.
Il programma, fatto di buone idee e ottimi nomi, è stato ideato da Mauro Ermanno Giovanardi, già anima dei La Crus. Per l’occasione, più che direttore artistico, lui ha preferito definirsi «architetto di immaginari». E la cosa gli è venuta proprio bene, tanto da fargli dire «se già non facessi il cantautore mi piacerebbe fare questo mestiere». Va aggiunto che il Comune di Brugherio ha dato manforte: caso unico in Lombardia, ma forse anche altrove, in tempi di vacche magre, anzi anoressiche, ha aumentato il budget per la cultura finanziando il festival con 160 mila euro. Un plauso a Enzo Recalcati, assessore alla Cultura che, raccontano le cronache, non molto tempo dopo essere stato nominato, ha chiamato Mauro e gli ha detto: «Sogna. Comincia a pensare a un festival per la tua città e io proverò a concretizzare il tuo sogno».
Noi, questo sogno realizzato, proveremo a raccontarlo.
Venerdì di Venere - La serata al femminile, inizia col botto: la prima data del tour estivo di Nada. La cantante livornese, accompagnata tra gli altri da Massimo Zamboni, parte in sordina, per poi aumentare il ritmo fino a scatenarsi in un finale in cui propone “Amore disperato” e l’evergreen “Ma che freddo fa” datato 1969.
“Salire sul palco dopo Nada è un’emozione gigantesca. È tutto il pomeriggio che sono agitata”. Così esordisce Roberta Carrieri. Vestitino bon ton e ciuffo rosso-punk la cantautrice barese si arma di chitarra e spazia dal cantautorato al country con una scioltezza non comune.
Meno convincente Violante Placido: di certo la sua esperienza sul palco è inferiore a quella che ha sul palcoscenico e la cosa si sente. Anche le sue canzoni si ripetono in modo un po’ monocorde. Ma riscatta il set il duetto-sorpresa con Giovanardi che, per quanto direttore artistico del festival, ha evitato di partecipare direttamente alla sua creatura. «Non volevo sembrare quello che se la canta e se la suona», aveva dichiarato in conferenza stampa, anticipando però le possibili apparizioni come ospite in alcuni set. E la presenza in quello di Violante Placido ha un suo senso, anche perché la cover di Bang Bang che i due rileggono con andamento western e una spruzzata di elettricità sarà inserita nel nuovo cd di Violante in uscita in settembre.
L’energia va alle stelle con l'ingresso di Nina Zilli & Smoke Orchestra. Eccentrica e con una voce “nera”, la cantantessa piacentina ha un magnetismo trascinante. Regala al pubblico quasi un'ora di soul & blues e il pubblico risponde con grandi battimani e pian piano il parco si trasforma in una gigantesca dancing hall.
La serata termina con un dj set di Syria intitolato «La musica di Afrodite»
Il Sabato di Saturno - La giornata è dedicata alla parola maschile. Si parte alla grande con Simone Cristicchi che presenta una super-anteprima del suo nuovo spettacolo “Li Romani in Russia”, ufficialmente in cartellone da settembre. Se non è “the next big thing” ci siamo molto vicini. La campagna di Russia (1941-1943) è una guerra di invasione senza pretesto. La propaganda fascista inganna sulla realtà della spedizione e i treni si portano via una generazione giovane, che parte quasi sorridente perché è sicura di ritornare. Ma la “passeggiata” si trasforma presto in tragedia: armi, abbigliamento e viveri sono insufficienti, inadeguati, ridicoli. L’entusiasmo iniziale diventa subito fame, freddo, paura. La spedizione è una disfatta: partono 220.000 ragazzi, ne torneranno 20.000; Elia Marcelli (1915-1998) è uno di loro. Porta a casa gelo, dolore e rabbia. Ma soprattutto porta a casa il dovere di raccontare quello che lui e i suoi compagni hanno passato. Per non dimenticare e per non lasciar dimenticare. Sceglie la poesia, quella classica del poema epico in ottave, per dare ai suoi ricordi l'afflato più alto. Ma al contempo sceglie il dialetto, per ricostruire le sue memorie con il senso terreno della sua lingua parlata. Ne viene fuori “Li Romani in Russia”, uno straordinario affresco che ricostruisce passo a passo la storia: la partenza, il viaggio, i combattimenti, la neve, i soldati, i muli, il nemico; la solidarietà, la paura; la ritirata, la disfatta; la morte. E la solitudine e la disperazione di chi sopravvive. Cristicchi ha riadattato leggermente i testi, li ha imparati in quattro mesi di studio, li ha intercalati a spezzoni audio propagandistici d’epoca e per un’ora, solo sul palco, alle prese con un tema non proprio leggero, rapisce il pubblico e lo trasporta in un mondo parallelo lontanissimo ma tangibile. E ancora una volta si dimostra un talento a tutto tondo, sempre capace di stupire, di rinnovarsi, di cercare nuovi stimoli e proporli al pubblico, senza farsi ingabbiare dai ruoli.
L’incontro successivo è con Frankie Hi-nrg, Emidio Clementi e Niccolò Agliardi. Si parla di scrittura musicale con intermezzi cantati.
Alla sette e mezza della sera il parco straripa già di gente (saranno 2.000 le presenze totali) e alle 9, puntuale, presentato da Massimo Cotto inizia il concerto. Ad aprire è Lele Battista, segue a ruota Eugenio Finardi. In gran forma, ripercorre la sua carriera da Extraterrestre alle recenti esperienze blues. Poi commenta: «Mi sembra un festival pop dei miei anni». Graditissimo al pubblico più giovane il set di Niccolò Fabi, che dopo la sua esibizione (e dopo un bellissimo duetto con Joe sulle note di “Vento d’estate”), durante l’impegnativo cambio palco per il set successivo, viene coinvolto da Massimo Cotto in una mini-intervista in cui dimostra chiaramente di essere, oltre a un cantante di successo, anche (e soprattutto) una persona con delle idee in testa.
Il cambio palco è in realtà l’allestimento di un ring sul quale concluderanno la serata Capossela e Cinaski nel reading musicato del loro libro scritto “a 4 guantoni in forma di round” In clandestinità. La storia di un’amicizia corpo a corpo, scandita a colpi di vita che mandano al tappeto ora l’uno ora l’altro dei due artisti. Un finale di peso, di alto valore letterario, ma forse eccessivamente impegnativo per un pubblico un po’ stanco della lunga maratona musicale, anche perché le serate non prevedevano posti a sedere, nel bellissimo parco di Villa Fiorita.
Per i nottambuli irriducibili, djset a cura di Andy.
La domenica del villaggio è dedicata alla Parola Dialettale. Si apre con Ascanio Celestini, coinvolto in un originale pranzo con l’autore, si prosegue con lo spettacolo cabaret "Milan Blues" di e con Roberto Brivio, membro storico del gruppo dei Gufi, e si arriva al momento dell’incontro, condotto da Enrico Deregibus (consulente artistico della Rassegna, e si vede!). Una conversazione sulla canzone dialettale con Davide Van De Sfroos, Luca Morino e Peppe Voltarelli. Un antipasto di quel che accadrà sul palco alla sera, la teoria prima della pratica. Ne esce tutta la vitalità delle lingue locali messe in musica, la loro capacità di emozionare, raccontare, allargare i confini, perché riscoprire e tutelare le proprie radici vuole dire anche aprirsi a quelle degli altri, confrontarsi. Proprio il contrario di un uso esasperatamente localistico del dialetto. Pino Marino e Syria mettono in scena un set creato ad hoc, con canzoni del repertorio romanesco (ma non solo, anche con brani di Pasolini e di Strehler che a quella tradizione si rifanno), accompagnati dal pianoforte di Andrea Pesce. Interpretazioni maiuscole, emozioni trasteverine che fanno vibrare le corde anche a Brugherio, provincia di Monza e Brianza. Incredibile ma vero. Meno riuscito l’amalgama tra Kaballà e Mario Venuti, a nostro parere, troppo intimista e malinconico il repertorio del primo per un concerto all’aperto di quel genere, poco a suo agio nei panni del cantore in dialetto il secondo. Ma ci pensa Peppe Voltarelli a ristabilire il giusto grado di energia. Ha solo la sua voce e la chitarra, ma mette in piedi un set trascinante e appassionato, popolare e istrionico coinvolgendo anche Joe, che si esibisce in calabrese... Chiude alla grande Davide Van De Sfroos, accompagnato da Angapiemage Galiano Persico al violino e da Davide Brambilla “Billa” (fisarmonica e piano). Davide è la dimostrazione vivente della vitalità del dialetto, lui che ne ha saputo fare lo strumento di una saga fatta di personaggi di strepitosa forza. Ed è la dimostrazione di come un artista possa entrare nello spirito della rassegna, che è stato, appunto, quello dell’incontro, dell’inedito, dell’inaspetato. Nonostante i soliti fan accaniti che lo trattano come un juke box e gridano i titoli dei (soliti) pezzi che secondo loro avrebbe dovuto fare, Davide ha chiuso facendo salire sul palco prima Peppe Voltarelli, in una strana “Curiera” lombardo-calabrese, poi insieme a Joe, in un omaggio al grande Ivan Della Mea canta El me gatt e poi, ancora insieme a Joe e ad Antonio Silva (presentatore della serata) in “Gh'è Ammò Un Quaivun” di Nanni Svampa.
Cose che sono successe sotto il cielo di Brugherio, che ha anche deciso di risparmiarci la pioggia (solo uno scroscio poco prima del concerto). Cose che speriamo succedano ancora, l’anno prossimo.
"Considero ogni forma di razzismo convinto una patologia e non un'ideologia" (Davide Bernasconi)