Lezioni di dialetto

parliamo dei cd e delle canzoni di Davide

Re: Lezioni di dialetto

Messaggioda feynman » gio giu 26, 2008 10:58 pm

Zucchero&Spezie ha scritto:
Fantasmino ha scritto:
piteruans ha scritto:tusa (pl. tusan/tusanett) è solo femminile.
l'equivalente maschile è bagai (pl. bagai)


Esiste il maschile Tos, almeno in milanese.

Tòs - Ragazzo. femminile Tosa
(Cletto Arrighi - Dizionario Milanese-Italiano - Ulrico Hoepli Editore Milano - seconda ediz. 1896)


tos non è usato dalla gente... i ragazzi sono bagai o fioi...il dizionario forse è un pò rigido... cmq è impossibile stilare un dizionario completo di un dialetto!!


Nel mio dialetto (Sala Comacina) si dice:
tuus = ragazzo
tusett = bambino-bambini
tusott = ragazzotto-ragazzotti

ciao
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Re: Lezioni di dialetto

Messaggioda feynman » gio giu 26, 2008 11:04 pm

headgirl ha scritto:
PRIMA DOMANDA: la parola TUSA mi par di capire che significhi sia figlia che ragazza, ma esiste anche al maschile? I tusanett che fan casott sulla curiera sono ragazzini o ragazzine?


sono ragazzette.
Fossero state ragazze sarebbero state tusann
"van toeucc insema a resegà i tusann" :-)

Al maschile :
tuus = ragazzo, figlio
tusett = bambino-bambini
tusott = ragazzotto, ragazzotti
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Messaggioda Pàula » ven giu 27, 2008 8:05 am

confermo che nel milanese odierno ormai il maschile "tos" non si usa, ma si usa "fioeu" e il diminutivo "fiolìn" (plurale -ìtt come tutti i diminutivi), e anche bagàj (anche come nome collettivo) come molti altri potranno confermare. Secondo me "tos" compare più a nord, a ridosso delle Alpi e nelle Alpi. Tant'è che a sud di Milano, dove comincia l'influenza del dialetto pavese la voce "tosa" scompare per essere sostituita da "fioeula".
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Re: verbo andare

Messaggioda Bologna » gio ago 13, 2009 3:32 pm

headgirl ha scritto:carissimi tutti....il verbo andare al presente indicativo come va a finire?
Me voo, te veet e poi?

grazieeeeeeeeee

In milanese:

mi vu(dieresi)
ti te veè
lu el và
nunch andeem
vialter viì
luur van

me par insci (mi sembra così) 8)
Lei che è figlia di signori balla con un contadino
sembra un albero sudato ma lo vuole più vicino
"Son contenta di ballare! che bei spàll, che bei spàll!
"anche a me mi fa piacere! föe di bàll el maresciàll!"
Bologna
 
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Messaggioda saveri » mar ago 18, 2009 10:11 am

Ragazzi, ma volete imprigionare il dialetto in regole precise?

Ma di quale dialetto parliamo? Non esiste ildialeto laghèè, ma il dialetto dell'alto lago, della tremezzina, del basso lago, della sponda orientale, quello delle valli, ecc.

I dialetti cambiano da paese a paese.
saveri
 
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Re: SINGUL DE PUNTA

Messaggioda Lohana » gio set 10, 2009 10:08 am

headgirl ha scritto:Qualcuno mi sa dire cosa significa SINGUL DE PUNTA....'??? Traduzione letterale + traduzione metaforica???
GRAZIEEEEEEEEEEEE
CIAOOOOOOOOOO :birra:



"Singul de punta" letteralmente significa "singolo di punta", e fin qui è facile intuirlo.
Metaforicamente (?) va ad indicare uno che vale poco, che si sbatte tanto ma non ottiene nessun risultato, oppure una persona maldestra.
In pratica, nel canottaggio si può remare a coppia, quando ciascun canottiere ha due remi, oppure di punta, quando ognuno ha un solo remo.
Se sei da solo (singul) e remi di punta (con un solo remo) non andrai mai da nessuna parte, per quanti sforzi tu faccia. Al limite, giri su te stesso.
Lohana "Mastra Lucertolaia".
".... 'na stéla giàamò crépàda che ségüüta a lüsìi de la ràbbia..."
Lohana
 
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Messaggioda sabbia de fuentes » gio set 10, 2009 3:29 pm

confermo, la famiglia della mia signora vanta allori olimpici nel canottaggio, l'interpretazione è corretta.

Per i dialetti: è vero, non esiste un dialetto laghee, così come, per estensione del concetto, non esiste un dialetto lombardo.
Esiste una koinè, una sorta di lingua comune che però varia in dettagli o forme più o meno significative, ma che non è riconducibile a un'unica e sola lingua. Tentare quindi di codificare una lingua locale, massificandola con altre, sarebbe limitante e sbagliato. E' possibile, al massimo, con la lingua di quel singolo luogo, ma è ovvio che farlo con tutte sarebbe improponibile.

Ad esempio: vedru, negru, alegru lo dicono in Tremezzina, da noi in alto Lario si dice come da me in brianza: veder, negher, alegher. Non c'è una regola. E forse è il bello dei dialetti, pardon, delle lingue.
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Messaggioda DoppiaD » ven set 11, 2009 7:55 am

sabbia de fuentes ha scritto:....
Ad esempio: vedru, negru, alegru lo dicono in Tremezzina, da noi in alto Lario si dice come da me in brianza: veder, negher, alegher. Non c'è una regola. E forse è il bello dei dialetti, pardon, delle lingue.


esatto...come da me...uhm...ma di dove sei esattamente? :D
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Messaggioda rattapignoela » ven set 11, 2009 1:29 pm

A proposito di dialetto... qualche giorno fa ho letto una lettera inviata a La Provincia di Varese che mi è sembrata piuttosto interessante, considerate tutte le discussioni in materia di questi ultimi tempi. Volevo riportarvela, per chi ha voglia di leggere (dato che è piuttosto lunga)... l'autore è un tal Fabio Boscacci:
<<< Il termine dialetto in Italia viene usato per indicare le lingue locali in modo velatamente dispregiativo, quasi fosse una colpa parlare la propria lingua madre (la lingua madre è legata al territorio in cui si è nati, la lingua franca è per me l'italiano che mi hanno insegnato a scuola, mentre le lingue straniere sono tutte le altre). Questo termine (dialetto), in realtà, in tutto il resto del mondo occidentale ha un significato ben diverso, ovvero, viene usato per indicare la variante di una lingua.
Detto termine deriva dalla parola greca "diàlektos": lingua derivata. Le nostre lingue locali non sono affatto delle derivazioni dell'italiano. Per quanto riguarda le lingue della Padania occidentale e i suoi derivati (dialektos), sono lingue neoromanze: in ogni caso nel nostro territorio la lingua celtica anticamente più documentata non è neppure il gallico continentale bensì il cosiddetto Leponzio, molto più antico. Il Leponzio veniva usato dai celti golasecchiani (circa 5000 anni fa).
Contrariamente, la lingua italiana è a tutti gli effetti un diàlektos (dialetto), in quanto è una derivazione della lingua fiorentina. Arricchita di nuovi termini, elaborata quanto più volete, analizzata e perfezionata dai luminari dell'Accademia della Crusca, ma rimane pur sempre un diàlektos. Il termine dialetto in lingua inglese si scrive "dialect" e anche in questo caso il suo significato sta ad indicare la variante di una lingua, conseguenza più che logica che le lingue locali padano non sono nel modo più assoluto delle varianti dell'italiano, anzi, con questa lingua hanno ben poco da spartire: quindi, a coloro che si ostineranno d'ora in poi a chiamarli impropriamente dialetti, consiglio di andare a prendere in giro qualcun altro o di cambiare lavoro.
L'interpretazione e l'uso sbagliato di questo termine ha provocato dei danni enormi ed è evidente la sempre più rilevante mancata trasmissione della conoscenza alle giovani generazioni. Purtroppo le nostre lingue si stanno periodicamente sempre più estinguendo, portandosi via con se anche la memoria storica delle nostre genti. Le lingue locali racchiudono in sé la storia delle nostre terre e costituiscono un patrimonio di inestimabile valore che va assolutamente tutelato e non possiamo permetterci di perderlo. Oggi coloro che sono contrari all'insegnamento dei dialetti sono persone solo apparentemente colte e rispettabili, ma di fatto si ergono a paladini dell'uccisione della cultura identitaria. Inoltre, vanno spudoratamente contro anche alle direttive dell'Unesco, che ha espresso la necessità di difendere tutte le identità culturali.
Distruggere le singole culture è di una gravità storica allucinante. L'italiano è un dialetto parlato da 50 milioni di persone. L'italiano moderno è nato da un'astrazione e da una menzogna. Il fiorentino colto di Alessandro Manzoni, non è altro che un generoso e straordinario tentativo di dare agli italiani una lingua parlata.
Ma dietro a questa operazione c'era soltanto una lingua libresca e tutt'altro che condivisa. Gli italiani sono stati obbligati a imparare una lingua che nessuno aveva mai parlato, che era stata utilizzata solo per scrivere, e che è stata imposta come "codice esperantico" alla gente che invece continuava a fare riferimento agli idiomi locali.
Il nostro Paese ha radicate tradizioni culturali che andrebbero significativamente esplorate. L'insegnamento delle lingue locali a scuola è un'operazione nel segno della conoscenza e della cultura.>>>
Ce ne sono di spunti di riflessione... :?
Ho puguà la mia umbrìa sul tacapagn de la loena piena...
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