CIAK SI GIRA!
GIORNALISTI O PAPARA...
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12 febbraio 2004
Lo scorso 7 febbraio, davanti a un tratto della barriera anti-terrorismo in costruzione fra Israele e Cisgiordania, mentre un nutrito gruppo di foto-giornalisti faceva a gara per ritrarre una donna palestinese in lacrime, il fotografo Enric Marti della Associated Press decideva di riprendere la stessa scena da un angolo visuale un po' diverso. Ne e' scaturita questa immagine, che ci pare assai significativa.
In linea di principio nulla esclude che la donna ritratta in questa foto abbia iniziato a piangere prima che i fotografi le si facessero attorno per fotografarla, da sola, proprio davanti a una scritta in inglese. Tuttavia e' difficile sottrarsi all'impressione che la scena possa essere stata, se non proprio costruita a beneficio dei fotoreporter, quasi sicuramente da costoro incentivata ed esasperata.
L'impressione cioe' che in quel frangente i fotoreporter non stessero "catturando" con le immagini un pezzo di realta', come ci si aspetta che facciano, ma stessero fattivamente rimodellando la realta' ad uso e consumo delle aspettative dei loro committenti e lettori: vuoi attivamente (incoraggiando esplicitamente il soggetto a mettersi in posa), vuoi passivamente (fingendo di non accorgersi che il soggetto si metteva in posa). In entrambi i casi, non possono che esserne scaturite delle immagini altamente fuorvianti.
Vale la pena di ricordare che una testata di grande tradizione giornalistica come il "New York Times" dichiara, tra le proprie regole deontologiche, che "le immagini pubblicate sulle nostre pagine allo scopo di ritrarre la realta' devono essere genuine sotto ogni aspetto […] Le foto-notizie non devono mai nascere da una messa in scena".
Purtroppo, invece, la situazione catturata dallo scatto di Enric Marti non costituisce affatto un'eccezione, come si puo' vedere da quest'altra immagine.
Non si vuole qui in alcun modo negare che esistano e che siano gravi le sofferenze della popolazione palestinese (e di quella israeliana) travolte dalle violenze della cosiddetta seconda intifada.
Ma la martellante determinazione con cui certa stampa si prodiga a mostrare sempre e soltanto la "disperazione" dei palestinesi (che evidentemente si "vende" molto bene, come dimostra il comportamento di questi fotografi), ritraendola sempre "in primo piano" e "fuori contesto", contribuisce a rafforzare il luogo comune per cui tale disperazione spiegherebbe e giustificherebbe ogni violenza e ogni terrorismo.
"La prossima volta che sentirete parlare della 'disperazione' dei palestinesi - ha detto Arnold Roth, padre di una adolescente israeliana uccisa nella strage terroristica alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme - ricordatevi di questa immagine della donna che piange a grande richiesta dei paparazzi tutt'attorno.
La realta' e' che noi e i nostri vicini arabi siamo costantemente manipolati da photo editors, corrispondenti e inviati".
(HonestReporting.com, israele.net, 9.02.04)