Inviato: 29/12/2002 22.24
Sembrava uno spoglio pioppeto alle prese col vento quella distesa di alberi in alluminio o legno e foglie accumulate i boma richiusi dei velieri nel porticciolo. Ondeggiavano lievi in attesa della nuova stagione che ne avrebbe riempito la chioma di multicolori vele; riposo vegetativo delle flora lacustre fatta di sette, nove ed undici metri e di cespugli vivaci da 4 metri, classe Star.
Le zie avevano un appartamento sul lago a Desenzano e per le feste andavano, da sempre, a passarvi una settimana portando con se' il Teo.
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"Ogni anno la stessa storia....mummificato tra incensini...candele....fiori.....ogni anno senza le mie vie da nuotarci dentro........ senza ....senza"... ed iniziava la conta del "
senza-cosa-senza-chi" ma ogni anno, appena arrivato, si incantava a guardar le barche e la prima cosa che diceva scaricati i bagagli era un ondeggiante, sferragliato
"io vado a vedere il traghetto che attracca.... torno tra un po' " ed infilava le scale lasciando le zie a dare leggiadri e altalenanti ordini all' aiutante indigeno su come sistemar la casa ed i bagagli..
"signor Padenghi è un inverno stranissimo questo, e caldo e freddo, non trova che sia strano questo inverno signor Padenghi ?"
Quell' anno le sorelle Caramore avevano permesso al nipote di portarsi la bicicletta, quella BMX vinta con la lotteria parrocchiale. Avevano vinto i biglietti che Don Innocenzo aveva messo come "cip" alla fine di una per lui disatrosa serata a poker.
Teo aveva lasciato sorridere l' occhio per un qualcosa di legato alla chiesa a quella vincita. Già al secondo giorno ne aveva piegato un pedale su per un panettone limita traffico ed una visita da Lenny, il meccanico di via Campagnolo, gliela aveva rimessa non solo in sesto ma anche aggiornata ed irrobustita.
Non uscivano mai le Caramore. Per loro essere in via Parini in città, sul lago, o in qualunque altro posto del loro attuale mondo significava sempre e solo viver di ricordi e di ricordi avvolgevano chiunque avessero a tiro.
Teodoro cercava sempre di star fuori da quelle nuvole rosa di nostalgia e lasciava appoggiato un orecchio, fintamente distratto lui, solo quando alcune parole chiave facevano scattare il suo livello di curiosità....
"ricordi Cesarina com' era rumorosa quella cabina così vicina alla sala macchine passando il Bosforo nel 52 ? "
"oooh Rachele cara...mai come quei sedili in linea dì ala di quel Caproni centoventitre quando andammo con l' ambasciatore a Bucarest" ...
"ma ceeerto Cesarina...ma non trovi che il rumore dell' Orient Express sul ponte in ferro del Danubio fosse quanto di più eccitante si potesse sentire in quegli anni ?" .
Non gli interessavano le passamanerie, gli ottoni, le bluse dei facchini, i paesaggi terrestri o i pranzi sul ponte ,baroccamente ribaroccati dalle zie, a far sognare Teo. Lui entrava nei ricordi delle zie dalla parte dei rotori, dei serbatoi, delle bielle e dei pistoni, delle campate ingegneristiche, dei comignoli o di tutte quelle targhette che descrivevano l' uso dei sistemi di alimentazione o di sicurezza di qualunque mezzo di trasporto.
Aveva trovato anche li una macelleria equina, dietro l' angolo di via Canonica ed anche se all' aspetto sembrava più una boutique che una bottega di carne il macinato era buono, caro ma buono...Tanto la spesa alle zie la faceva lui ed era un maghetto a far la cresta
arrivando anche a raccogliere scontrini altrui o carpendoli ad altri avventori ora con la storia dei cani per ciechi ora con quella di una nuova panchina negli ospizi dei poveri.
Inviato: 30/12/2002 17.40
Era quello un giorno tra il dopo natale e il capodanno così soleggiato da schiodare le sorelle dal divano e dalla tv per portarle sul grande terrazzo a lucertolare e ad indicar punti geografici collimandoli coi loro ricordi. Ad ascoltarle: il cielo, il paziente Padenghi, l' autista Mario, le orecchie del vicino, la signora Merati ed il Teo camaleontato dietro l' alloro giganteggiante.
"
oooh eravamo giovani allora, giovani ed ingenue, non trovi che eravamo ingenue Cesarina?"
"che anno era? il 43? ma si dai, non ricordi che era settembre,che paura-che paura,che paura quei camion pieni di paura, ricordi che paura mia cara?”
"oh si, si, scegliere da che parte stare era roba da pochi minuti a volte....... e mille secondi. Quella signorina, Agnese forse, tentennò tra i suoi mobili e la camionetta del gerarca e poi la trovarono rasata ed appesa al pozzo con quel suo ultimo vestito pieno di sangue, fucilata come collaborazionista"
"Collaborazionista, poverina, affittava se stessa per mangiare, almeno i grigi le davano da mangiare; i rossi l' avevano presa e basta, presa lei e presa la sua vita"
"Volete un drinkino miei cari? Un Martini, un Cointreau o apriamo uno spumantino di Franciacorta?"
Nel dirlo Rachele scacciò un inesistente insetto davanti ai suoi occhi, troppo vicino a dolorosi ricordi.
"Che anno era quando ci presentarono al Gabrielino? Ne avevamo diciassette io e diciotto tu mia cara, la solita differenza ogni anno, non trovi Cesarina?" e l' insetto inesistente tornò a frullar le ali davanti agli occhi di Rachele.
"poveri giovani davvero, morissero in grigio o col foulard rosso quanto erano giovani quei giovani morti....vero che quelli in grigio erano crudeli di fronte alle loro paure e finchè avevano il potere dalla loro, vero che ridevano a volte delle loro gesta, noi giovani ed ingenue potevamo solo versar da bere e baciare ed altro".
Teo era appiattito dietro la fioriera e si immaginava ora in grigio coi littori argentei al collo ed ora con un foulard rosso o azzurro ed un tascapane pieno di vuoto. Non poteva, non voleva e non sapeva da quale parte della storia stare, alla sua età non erano questi i sogni. I sogni erano solo in una mitraglietta, una pistola, il lancio di una granata, erano un gioco i suoi sogni...il gioco della guerra.
Guardava le zie e gli ospiti tra le foglie di alloro cercando di non far rumore, non respirando quasi, cercando di capire come trasmettere le informazioni carpite su quella terrazza al suo comando dislocato oltre la linea dei cipressi di là dal lago, andava la sua mano al telefono nella tasca del pantalone mimetico -era silenziato- e lo tastò come fosse una Beretta.
Decise di uscire allo scoperto:
"io posso andare giù con lo skate-board..?..torno prima del buio resto in paese vado a vedere i traghetti....vero che posso?".
"Ma certo Teo, vai pure con quella tavola a rotelle (ebbe qui un rigurgito autarchico) ma non fare come Abril La Vigne...non bloccare gli incroci con gli altri skaters, chè Desenzano è mica in America,vero?"
Teodoro annuì. Erano altri i suoi programmi che fermare il traffico....voleva andare a Salò lui. Ed in testa gli rombava quel
Caproni 123