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La notte della Taranta

Melpignano : Pulenta e Taranta

PULENTA E TARANTA: son due parole per intitolare un viaggio. Le idee sono poche ma confuse, ottime premesse per una vera avventura. Una settimana di ferie, il richiamo del mare smeraldo della Puglia…. E la pizzica di Anga a fine concerto nella scaletta di quest’anno. Non lunga, un accenno di tarantella e pizzica al posto della pogata finale di Cyber Folk, con Davide che canta “Santu Paulu” e “lu Rusciu de lu mare”, e un’anima selvatica come Tiziana, con nacchere al posto di artigli, che ti ipnotizza mentre la guardi volare, e farsi ragno, farsi pipistrello su quel tempo cadenzato.

“C’è qualcosa”, cominci a dirti… qualcosa che è giusto andare a sperimentare, qualcosa che lega la tua ombra a quella terra. E in automobile, appena si palesa la scritta LECCE, e ti addentri nella “terra di sud, terra di confine, terra di dove finisce la terra” ti accorgi che non sei proprio bollita se la pensi così. , rosso e bianco sono i colori; il nero dei tronchi d’ulivo, il rosso della terra e il bianco dei muretti… i colori delle tre nuvole, i colori dei tre fulmini e del ramo senza tempo. Da perfetta profana mi sono avvicinata a una storia che si ripete da secoli, Tarantate e San Paolo che elargisce grazie, una chiesetta con un pozzo, un barbiere di Galatina e il suo violino…e tutto il mistero di questa musica. Si, ho studiato, con lo sguardo rompiballe di quella che comunque l’antropologia un po’ l’ha imparata… qualche libro preso in prestito, la ricerca di immagini e musica. Ma anche con tanta voglia nelle scarpe di saltare.

La Notte della Taranta si preannuncia un evento oceanico: 80.000 persone a Melpignano tutte nel parco dell’Abbazia… è scontato, ti vengono subito in mente Vasco e gli U2, ma pure Tor Vergata un giorno di Giubileo del 2000… “chissà se ci staremo???” mi chiedo mentre raggiungo lo sconfinato spiazzo deserto, e mi posiziono sotto il muro dell’Abbazia, perché è mezzogiorno e il sole picchia, e tu inizi a chiederti come riempire il tempo fino alle 9 di sera, che quasi quasi me ne andavo al mare… invece poi, come al solito, e come d’uso ad ogni concerto indipendentemente dall’ora di arrivo, le vettovaglie riempiono l’attesa: santa birra e san tarallo, in attesa dellu Santu Paulu…

 

è una situazione davvero assurda: da una parte ti tira l’emozione che senti ogni volta che comincia un concerto di Davide, qualcosa che ti appartiene di più di chissà che altro, dall’altra ti strattona l’emozione di stare per ascoltare un ritmo che invece non è tuo per niente, ma che ti punge già

 

 

 
È arrivata la notte, tutto il pratone si è riempito, ed io in prima fila attaccata alla transenna sento alle spalle questo mare di piedi, di pance, di respiri.

E dalla mia posizione un falcetto di luna galleggia proprio sopra il palco.. presagio positivo, riesco ancora ad emozionarmi dopo tutto il caldo che ho preso!!?? La Notte della Taranta inizia, ed ecco che la prima pizzica, suono familiare del tamburello, che potrebbe essere quello di Anga, comincia a far muovere me e il mantello umano alle mie spalle… L’emozione parte dalla pancia, dalla potenza che anche una musica sconosciuta è capace di evocare. E la pizzica vibra….  

Vibra dalle corde di un violino, dal tamburello che sembra quasi muoversi da solo nella danza… e vibra soprattutto dai piedi, scosse elettriche, un duende di confine che si impossessa di te e ti fa tutt’uno con gli olivi e la terra rossa… anche se sei nata a Desio e il massimo che conosci sono aiuole e rotonde…

Il “nostro eroe” è previsto in scaletta per diciottesimo; fa ridere ballare e divertirsi mentre si tiene il numero delle canzoni che passano. Anche perché, alla terza canzone, sale sul palco De Gregori che attacca a cantare versi di Dante a ritmo di Taranta, e tu non capisci più niente, e vanno a ramengo tutti i tentativi di tenere il conto dei pezzi per essere preparata all’ arrivo del nostro Bernasconi di fiducia….  
Infatti molta, molta, ma molta musica dopo, vedi spuntare sulle scale che portano al palco una certa bandana blu che ti fa l’effetto di una miccia innestata… e comincio a spellarmi le mani e a urlare, che sembro più tarantata io di tutte le tarante presenti… “DAVIDEEEEE!!!!!” Pure il sindaco di Melpignano si gira perplesso….
Ma è così, la voce ruvida e le movenze familiari, un Davide sorprendentemente sciolto e tranquillo davanti a un pubblico da infarto canta una canzone “nostra”, Porta Romana… sorpresa e meraviglia…. Cantano tutti! È un duetto con un artista locale che interpreta una canzone popolare salentina che ha la stessa melodia, “la Cesarina”; ma quello che canta, davvero, questo magnifico popolo di taratati è “porta Romana bella, porta Romana….” E tu sei li che ti guardi in giro e ti vengon le lacrime agli occhi…  
hai voglia di urlare, perché quella lì è una canzone della tua città, e quello lì coi jeans coi tasconi e la maglia “rinviato a giudizio” lo conosci, ti ha emozionato talmente tante volte… ma con colori così diversi, che non riesci mai ad abituartici.
Davide non dice una parola, né prima né dopo essersi esibito, come tutti gli artisti che sono in scena questa Notte, ma la sua espressione dice tutto, a te e a chi come te ha imparato ad osservarlo muoversi …
Siamo quasi al gran finale, il ritmo travolgente dei Sud Sound System ha invaso il palco, e lo spettacolo meraviglioso stavolta è fornito da 40 fise, che si muovono tutte insieme come un gruppo di ottoni in un’orchestra ska…potenza della musica contaminata…

C’è anche un tipo del Lago di Como sul palco dietro questo gruppo salterino: è li, un po’ nascosto, quasi intimidito con il microfono in mano ad osservare questa baraonda raggamuffin… ma tu lo sai che non è così, e che qualcosa sta per succedere.

Sembra apparire dal nulla Davide, la bandana è saltata e lui a bordo palco si lancia nelle rime di “San Giuvann dalla barba bianca”,

 
con una potenza che se possibile, ti fa saltare attaccata alla transenna più di quanto ritenevi il tuo fisico potesse reggere… a gambe larghe e pugno chiuso, a urlare nel microfono tenendo il tempo con lo scarpone, eccolo lì il dialetto, che diventa ancora una volta esperanto, lingua universale… un regalo da fare a questi signori che hanno voluto anche lui qui, insieme ad amici di sempre appartenenti a questi luoghi, e amici nuovi incontrati per destino, per innaffiare questa terra brulla di un po’, manco a dirlo, di acqua dolce…
E con Piero Pelù che canta “Kalinifta”, “Buonanotte”, in griko, una dolcissima ninna nanna che sfocia in pizzica sfrenata, si chiude il concerto ufficiale. Io sono li che alzo le mani, canto, mi agito (strano, tutta la sera sono stata così tranquilla…) ma il mio occhio si sposta per caso verso il back stage. Da lì spunta il profilo conosciuto, capelli dal colore inconfondibile… che ballano e saltano esattamente quanto me, in piedi su una sedia! “nanni na, nanni na, bellu è l’amure, bellu è l’amure….”.  
Sono le tre, tra poco inizierà il concerto “de sfroos”, che durerà fino al mattino, suonato dal pubblico che ha portato da casa i tamburelli, e che si sente davvero artefice e protagonista dell’incantesimo… E sono felice, perché so che tutti noi, sopra quel tappeto di note, ci siamo trovati a danzare a piedi nudi, e che anche Davide questa notte ha fatto viaggiare i suoi pensieri di carta velina… così, la magia di una notte del genere val quasi 10 tramonti.
Son cose.

Silvia

 

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