da "Il Cittadino" del 04/03/05

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Messaggioda Fantasmino » ven mar 04, 2005 12:25 pm

Intervista al cantautore comasco, che domenica 6 marzo si esibirà in un concerto a Lodi
«Le Vigne, l’ideale per le mie magie»
Davide Van De Sfroos: «È un teatro dall’atmosfera particolare»

Torna a Lodi, sul palco del teatro alle Vigne, la musica di Davide Van De Sfroos, moderno cantastorie che fonde il proprio sound folck e rock di musica celtica alla tradizione cantautorale italiana, il tutto impreziosito dall’uso costante del dialetto della sua terra di origini, Mezzegra, sulle sponde del lago di Como. L’appuntamento con il suo concerto in città (terza tappa del suo nuovo tour partito il 25 febbraio da Lugano) è per domenica 6 marzo a partire dalle 21, quando sarà possibile ascoltare quasi tutte le canzoni del nuovo album Akuaduulza, il quinto pubblicato dal ‘99, uscito nei negozi proprio il 25 febbraio, e una buona parte delle sue vecchie canzoni riarrangiate. «Il teatro delle Vigne mi piace - spiega Davide Van De Sfroos - perché acusticamente è pregevole e le sue dimensioni ridotte creano quell’atmosfera magica con cui voglio interpretare le canzoni. E poi a Lodi torno sempre volentieri. È una città dove si respira sempre un’aria e un’atmosfera particolare e dove ho già tenuto un bellissimo concerto il San Silvestro di alcuni anni fa».Che spettacolo ha preparato per il pubblico di Lodi?«Sarà un concerto da vedere e da sentire. Ci saranno infatti le canzoni del nuovo album e quelle degli anni precedenti, ma ci saranno anche luci e costumi particolari, con una scenografia curata per ricreare il clima del nuovo disco, le sue storie di vita quotidiana e i suoi aspetti magici in cui vivono miti, streghe e leggende. È un disco intimo, fatto di ombre e di luci, in cui forte è la presenza dell’acqua e dei fantasmi che l’acqua si porta con sé».Nelle sue canzoni torna spesso l’uso del dialetto: come nasce questa scelta particolare?«Ho iniziato a usare il dialetto per passione e per il desiderio di raccontare le storie della mia terra con la stessa lingua in cui le sentivo raccontare. Poi si è trasformato quasi in una scommessa e in una ricerca personale, e ora è diventato quasi un mio marchio di riconoscimento. Certo all’inizio non avrei mai pensato che il dialetto potesse interessare tante persone, e questo mi sprona a fare cose sempre nuove».È anche il tentativo di non perdere il patrimonio linguistico di un determinato territorio?«Sono convinto che il dialetto di ogni territorio abbia il diritto di non morire dentro un cassetto o di restare in vita con la respirazione artificiale, ma di continuare a vivere con la dignità che gli spetta».Per la prima volta con un suo concerto varcherà i confini italiani. Cosa si aspetta da queste tappe all’estero?«Anche questo rappresenta una scommessa per me. È la prima volta che vado all’estero ma già altri cantanti hanno portato in giro per il mondo la propria lingua di origine. Non so cosa aspettarmi dalle dati di Berlino, Bruxelles e Madrid, forse i bilanci bisognerà farli solo fra due o tre mesi».La sua vena creativa non si è mai limitata alla sola musica. Nel ‘97 ha pubblicato la raccolta di poesie Perdonato dalle lucertole, mentre nel 2003 ha pubblicato i racconti Le parole sognate dai pesci. Come si collegano la musica e la letteratura?«Ho iniziato a fare musica per raccontare storie e fatti di persone che conoscevo, inquadrandoli in una particolare visione. In questo senso il passaggio alla parola scritta è un passaggio obbligatorio, quasi naturale. Non è un ripiego, perché la musica non era più sufficiente a raccontare determinate storie, ma soltanto un modo per avere maggiore spazio, per dilatare le parole e aggiungere certe sfumature che in una canzone di pochi minuti per forza di cose non è possibile riuscire a inserire».
Davide Cagnola
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