l'ex opp deve uscire dall'inferno davide van de sfroos: «è il momento di farlo rifiorire» «da piccolo mi chiedevo: cosa c'è in quel casermone?»
In concerto Davide Van De Sfroos all'ex Opp nel settembre 2002
«nonna, che c'è lì? il manicomio di san martino. e cos'è un manicomio? è il posto dove si curano i matti. ma i matti chi sono? sono quelli non normali». il cantautore comasco davide bernasconi, in arte davide van de sfroos, ricorda ancora oggi i mille interrogativi di un bambino stregato dal «paese chiuso» nel cuore della città. un «paese chiuso» nel cuore della città che diventa un mistero da svelare ad ogni costo... da piccolo scendevo spesso a como per far visita ai nonni materni che abitavano lungo la strada che porta a garzola. e dalle finestre della loro casa vedevo quell'enorme casermone, il manicomio, che, ben presto, diventò fonte di continue fantasie di bambino. i famosi mille perché alla nonna? certo, mi domandavo quale fosse la reale distinzione tra normalità e pazzia. chi dice che sono normale? e chi dice che non lo sono? e, soprattutto, come si fa ad essere normali? è iniziato da qui il percorso alla scoperta del san martino? pur riconoscendovi un non so che di strano e di morboso, mi è venuta la voglia di conoscere davvero il san martino e, nel corso degli anni, mi sono trovato spesso a poterlo osservare attraverso un obiettivo speciale. io da che parte stavo? forse stavo a metà strada, mi sono talvolta sentito come una sorta di vampiro. una specie di ponte tra due mondi forse solo apparentemente diversi? riuscivo a captare cosa c'era dentro l'ombra di certi personaggi, provavo le loro stesse sensazioni senza cadere tuttavia nella loro malattia. avevo una sorta capacità di capire quella lingua: ancora prima di davide van de sfroos, bazzicavo in crt e manicomi, portando regali a persone che avevo imparato a conoscere e che iniziavano a conoscere me. davide ha scoperto cos'è la normalità? quando la gente è tormentata o non comprende inizia a giudicare ma, spesso, formula giudizi di sapone che scivolano quando passano da una mano all'altra. d'altronde, il disagio della pazzia è una malattia diversa da tutte le altre perché toglie l'identità. per esempio, gina ha il raffreddore, ma se gina è pazza non è più lei ad avere il raffreddore. ecco perché si crea una grossa voragine di incomprensione tra "noi" e "loro". come si può capire, allora? tentare di comprendere è come iniziare una sorta di viaggio su un altro pianeta, perché ogni "pazzia" o disagio mentale ha una forma differente e ogni forma distorce la realtà. poi, se consideriamo che ciascuno di noi ha un proprio universo interiore, allora comprendiamo il perché ci siano persone che diventano all'improvviso dolcissime oppure folli oppure demotivate o violente. la cosa più bella e semplice che possiamo dunque fare è lanciare un ponte verso queste persone e, smettendo di fare i fenomeni o di assomigliare a loro ma iniziando ad ascolti sul serio, i messaggi arriveranno. e, a quel punto, si comincerà a capire. l'ultima visita all'ex ospedale psichiatrico san martino? ci sono andato nell'ottobre scorso con il regista svizzero andrea canetta che ha girato un documentario su di me. siamo entrati in quelle stanze dove oggi abitano solo i fantasmi e, in una, ho parlato della mia vita e del momento in cui, lavorando molto ed essendo sotto stress, potevo essere additato come uno degli abitanti del san martino. un viaggio nei ricordi... ho fatto un giro in quelle stanze dove si incontrano scaffali pieni di registri grandi quasi come un tavolo: qui venivano segnati nomi, cognomi e mestieri. da questi registri si capisce come questo mondo accogliesse un po' tutti: la contadina, la tessitrice, la lavandaia, il falegname e il fabbro... . dentro questi documenti c'é scritto chi erano quelle persone prima di essere giudicate "mentecatte", come si legge sulle cartelle cliniche di fine ottocento. mentecatto, termine ottocentesco che ha sempre creato imbarazzo. all'epoca, per molti, era effettivamente imbarazzante avere qualcuno al san martino. ed ecco perché c'era tutta quella "distanza" dalla città. ancora oggi, in quei corridoi e in quelle stanze rimaste chiuse per anni, sembra di avvertire le urla, le sofferenze e gli anni lunghissimi di chi ci ha vissuto. ma questa è la parte gotica, un po' noir, del san martino. quel è l'altra faccia del san martino? è quella di una bellissima struttura che potrebbe diventare un grosso centro dedicato alla sanità, al recupero. ma anche un'università o un centro culturale. quando vado a parigi e vedo il bouburg mi immagino qualche cosa di simile al san martino: ne sono certo, farebbe parlare il mondo e sarebbe una cosa unica in italia. è un sogno, lo so. ma perché non lasciarsi cullare da questo sogno? certo, è chiaro che per realizzarlo sogno serve aiuto. tra l'altro, como sta diventando bella, vivibile, turistica. l'ex ospedale psichiatrico potrebbe accogliere anche una scuola per tutte le arti. como ha davvero bisogno di un san martino nuovo? certo, ma io non sono un politico. sarebbe bello, però, se loro chiedessero direttamente ai comaschi: «cosa vorresti fare al san martino?». ci aiuterebbe a capire. parco aperto o parco chiuso? ogni concerto fatto al san martino è stata un'occasione per aprirne le porte: la città entrava e vedeva quello che era stato il manicomio provinciale e si rendeva conto di quello che ancora custodisce. le iniziative ci sono ma non sono frequenti... se iniziassero ad organizzare più concerti, non solo miei, essendoci posteggi comodi e ampi spazi, io credo che molta gente di como tornerebbe in quel comparto. concerti e musica? sarebbe un'area ideale per concerti, feste, mercatini e così via. basterebbe un minimo di manutenzione e non sarebbe necessario interessare le strutture, fatto salvo magari per un piccolo spazio deputato al ristoro. tentativi per dare nuova vita all'ex ospedale psichiatrico ne sono stati fatti e tutti con successo. ricordo vito trombetta e il bosco delle parole dimenticate, il fotografo gin angri e mauro fogliaresi. c'è tanta gente che fa, che ha fatto, che si muove lì dentro, che ci prova. anche il dottor claudio cetti e la dottoressa ornella kauffman. le fondamenta ci sono. un piccolo gruppo da solo non può fare molto, bisogna creare un circuito di iniziative. per fiere, mostre, mercati, esibizioni, anche di gruppi emergenti. è necessario rimboccarsi le maniche per mettere insieme le forze di questa città. quel luogo, il san martino, ha fatto un viaggio nell'inferno ma è ora che ne riemerga. potrebbe fiorire come qualche cosa di nuovo e bellissimo. ho fiducia in questa città. s. ba.