L'Eco di Bergamo 2/4/04

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L'Eco di Bergamo 2/4/04

Messaggioda Michi » ven apr 02, 2004 10:43 am

Van De Sfroos verso storie gotiche
Il cantautore si esibisce stasera alla Celadina accompagnato dal gruppo Bandesfroos «Sto preparando un nuovo disco dove si raccontano leggende, fantasie e magie popolari»

Davide Van De Sfroos si esibisce stasera alla Celadina
Qualche giorno a Parigi, per ricreare lo spirito, poi di nuovo in pista. Stasera Davide Van De Sfroos arriva a Bergamo (in quel di Celadina), ospite alla festa della Lega, con il gruppo Bandesfroos: combo popolare che nasce da un'idea di coralità, dal disegno di coinvolgere la gente nel canto. E non è certo escluso che il buon Davide Bernasconi imbracci la chitarra e regali qualche graffio alla Woody Guthrie. Dopo l'album «Laiv» e il libro «Le parole sognate dai pesci» (Bompiani) l'avventura continua.
«Credo che presto ci sarà un nuovo disco. Ho già del buon materiale e con l'anno nuovo credo di poter andare in sala d'incisione. Quest'estate piuttosto che lavorare sull'album preferiamo andare ancora in giro. Abbiamo risistemato alcune canzoni vecchie e nuove, con dei fiati, e andremo in tour senza spingerci troppo lontano, rimanendo dalle nostre parti. Suoneremo al Nord, fra Torino e Verona, tanto per fare un'estate a casa. Quest'inverno mi sono dedicato alla promozione del libro, ma le nuove canzoni sono nate ugualmente e appartengono al progetto di un disco gotico, dark, ma di casa nostra. Ovvero: leggende di mostri, fantasmi, streghe, storie che sentivamo raccontare quando eravamo piccoli. Sto facendo un lavoro di ricerca sul territorio, proprio per trovare quelli che sono gli elementi magico-sciamanici di una tradizione non solo orale. Il disco sarà dunque tematico, come lo sono stati i precedenti: "Breva & Tival" era il disco del paese, "E semm partii..." era il disco del movimento, il paese che si allontana da se stesso anche se poi qualcuno ritorna, "Laiv" era il compendio vivo di tutto quanto. Il prossimo sarà un disco che parla del fantastico, delle magie popolari. Sto cercando anche di raccogliere immagini. Vorrei che il prodotto fosse completo. Ho già una decina di canzoni, ma ho intenzione di arrivare ad averne una quindicina. Gli appunti, gli schizzi non mancano».
Lei non è nuovo alla scrittura, ma «Le parole sognate dai pesci» è il suo primo libro in prosa e per di più in italiano. Scrivere è un po' l'estensione della voglia di comunicare attraverso le canzoni?
«Faccio canzoni per il desiderio che ho di raccontare determinate storie. Cerco di fare una poesia veloce che arrivi con il ritmo della musica. Le canzoni sono come dei cortometraggi in cui cerchi di raccontare qualcosa per immagini. La prosa ha un altro passo. C'è più tempo per guardarsi in giro. Credo che sia stata un'esperienza importante. "Le parole sognate dai pesci" è una storia di poche pagine, composta da microstorie che in qualche modo riecheggiano le canzoni. È un libro in italiano su persone che vivono in dialetto».
In pochi anni è passato da una dimensione localistica al successo popolare, ha venduto molti dischi, si è guadagnato sul campo una Targa Tenco. Com'è stato questo viaggio?
«Da certi punti di vista commovente. Sono partito con le canzoni cantate nella mia lingua e non pensavo certo ad un riconoscimento nazionale. Non guardavo avanti, semmai pensavo alla memoria, con il gusto di fare quello che mi appassionava. Non c'era dietro un discorso di marketing, anzi c'erano tante porte chiuse dai discografici. Tutti dicevano che la scelta del dialetto era perdente e invece ha funzionato, perché la gente non è così localizzata mentalmente come pensiamo: ha voglia di sentire cose che vengono d'altrove. Anche in Sardegna ho trovato gente che cantava le mie canzoni. I suoni dell'altra Italia, quella che non passa dalle autostrade, affascinano indipendentemente dalla latitudine da cui provengono».
Cantando in dialetto, in una lingua del Nord, ha rischiato di diventare il modello culturale di una realtà sociale e politica come quella della Lega. Come si è posto rispetto a questa eventualità?
«Sono nato in Lombardia e canto la gente lombarda. E dal momento che prendo qualcosa a quella gente, alla stessa qualcosa ridò. Le prime volte me ne facevo un problema. Mi dicevano: stai attento che poi ti identificano con quel partito. Ma alla fine mi sono reso conto che la cosa migliore era rimanere molto liberi, spiegare a chiunque che quelle canzoni erano un po' mie, ma anche di chi le voleva ascoltarle: alla festa dell'Unità come al concorso di Miss Padania. Vado tranquillamente a Radio Padania e nessuno mi ha messo in bocca cose che non ho detto. Non sono mai stato usato, anche se sono stato molto trasmesso da quella emittente. Nessuno della Lega mi ha messo addosso delle etichette».
Ugo Bacci
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