A proposito di dialetto... qualche giorno fa ho letto una lettera inviata a La Provincia di Varese che mi è sembrata piuttosto interessante, considerate tutte le discussioni in materia di questi ultimi tempi. Volevo riportarvela, per chi ha voglia di leggere (dato che è piuttosto lunga)... l'autore è un tal Fabio Boscacci:
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Il termine dialetto in Italia viene usato per indicare le lingue locali in modo velatamente dispregiativo, quasi fosse una colpa parlare la propria lingua madre (la lingua madre è legata al territorio in cui si è nati, la lingua franca è per me l'italiano che mi hanno insegnato a scuola, mentre le lingue straniere sono tutte le altre).
Questo termine (dialetto), in realtà, in tutto il resto del mondo occidentale ha un significato ben diverso, ovvero, viene usato per indicare la variante di una lingua.
Detto termine deriva dalla parola greca "diàlektos": lingua derivata. Le nostre lingue locali non sono affatto delle derivazioni dell'italiano. Per quanto riguarda le lingue della Padania occidentale e i suoi derivati (dialektos), sono lingue neoromanze: in ogni caso nel nostro territorio la lingua celtica anticamente più documentata non è neppure il gallico continentale bensì il cosiddetto Leponzio, molto più antico. Il Leponzio veniva usato dai celti golasecchiani (circa 5000 anni fa).
Contrariamente, la lingua italiana è a tutti gli effetti un diàlektos (dialetto), in quanto è una derivazione della lingua fiorentina. Arricchita di nuovi termini, elaborata quanto più volete, analizzata e perfezionata dai luminari dell'Accademia della Crusca, ma rimane pur sempre un diàlektos. Il termine dialetto in lingua inglese si scrive "dialect" e anche in questo caso il suo significato sta ad indicare la variante di una lingua, conseguenza più che logica che le lingue locali padano non sono nel modo più assoluto delle varianti dell'italiano, anzi, con questa lingua hanno ben poco da spartire: quindi, a coloro che si ostineranno d'ora in poi a chiamarli impropriamente dialetti, consiglio di andare a prendere in giro qualcun altro o di cambiare lavoro.
L'interpretazione e l'uso sbagliato di questo termine ha provocato dei danni enormi ed è evidente la sempre più rilevante mancata trasmissione della conoscenza alle giovani generazioni. Purtroppo le nostre lingue si stanno periodicamente sempre più estinguendo, portandosi via con se anche la memoria storica delle nostre genti. Le lingue locali racchiudono in sé la storia delle nostre terre e costituiscono un patrimonio di inestimabile valore che va assolutamente tutelato e non possiamo permetterci di perderlo. Oggi coloro che sono contrari all'insegnamento dei dialetti sono persone solo apparentemente colte e rispettabili, ma di fatto si ergono a paladini dell'uccisione della cultura identitaria. Inoltre, vanno spudoratamente contro anche alle direttive dell'Unesco, che ha espresso la necessità di difendere tutte le identità culturali.
Distruggere le singole culture è di una gravità storica allucinante. L'italiano è un dialetto parlato da 50 milioni di persone.
L'italiano moderno è nato da un'astrazione e da una menzogna. Il fiorentino colto di Alessandro Manzoni, non è altro che un generoso e straordinario tentativo di dare agli italiani una lingua parlata.
Ma dietro a questa operazione c'era soltanto una lingua libresca e tutt'altro che condivisa. Gli italiani sono stati obbligati a imparare una lingua che nessuno aveva mai parlato, che era stata utilizzata solo per scrivere, e che è stata imposta come "codice esperantico" alla gente che invece continuava a fare riferimento agli idiomi locali. Il nostro Paese ha radicate tradizioni culturali che andrebbero significativamente esplorate. L'insegnamento delle lingue locali a scuola è un'operazione nel segno della conoscenza e della cultura.>>>
Ce ne sono di spunti di riflessione...