Sono
andato a Frontale in un giorno di pioggia, una leggera bruma
sul fondo della valle ad ovattare i colori e a creare un’atmosfera
leggera e morbida.
Dopo pochi
km, risalendo la val di Rezzalo, che si presenta come una
valle interessante e invita ad una escursione che si addentra
verso le cime del m.te Gavia e del m.te Sobretta, Frontale
appare alla vista. Il paese si trova appoggiato su un balcone
naturale che guarda la Valtellina, che in quel punto comincia
ad alzarsi per raggiungere Bormio.
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Tutto
qui da un senso di aereo, di aperto allo spazio e al tempo
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Anche
il cimitero sembra rivolgersi allo spazio, come se preparasse
l’ultima rincorsa per farci volare nell’infinito
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Aggirandomi
fra strade lucide di pioggia, deserte e silenziose, l’ombra
del minatore di Frontale mi ha accolto e quella è un’ombra
che non ha bisogno del sole per apparire nel pensiero. |
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Con
lui ho percorso strade di un paese operoso che ha attraversato
il suo tempo con una sua sobria dignità, la dignità
di chi ha conosciuto la canzone antica della fatica e l’ha
saputa sopportare con una fede semplice dai sapori antichi.
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Ho
letto su un cartello che gli abitanti di questo paese, prima
di essere minatori e operai edili, ai tempi della Repubblica
di Venezia, in significativa quantità erano emigrati
per svolgere il duro lavoro degli scaricatori di porto in
quel di Venezia. Qualche volta, per non abbandonare la montagna
è necessario andare altrove per trovare le risorse
per poi tornare e farla rivivere. I Frontalesi evidentemente
non hanno mai temuto la fatica e i disagi, la montagna ha
insegnato loro ad affrontarli e quella montagna se la sono
portata in tasca nel loro viaggiare per lavoro.
Ho scelto la parte più antica del paese seguendo
i passi silenziosi del Minatore di Frontale, ed ho trovato
il segno dell’operosità antica
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Sembrava
di sentirle le donne del paese intente a lavare i panni mentre
si raccontavano storie e ricordi nostalgici, mentre cantavano
quelle canzoni che avevano come musica lo sciacquio dei panni
sbattuti nell’acqua.
E l’immaginaria ombra del vecchio Minatore, con le
proprie parole fatte di silenzio, dialogava con il silenzio
di quelle stradine lavate dalla pioggia e spazzate dal vento
che scendeva dal Gavia.
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Ed
io, con lui vicino, camminavo piano. Avrei voluto trovare
la sua casa per vederlo entrare con un sorriso…
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ed
io sarei rimasto lì a guardare la sua felicità,
l’avrei visto chiudere i vetri che avrebbero riflesso
la mia immagine, ferma ad aspettare.
Aspettare… tutto lì sembra aspettare qualcosa
che deve arrivare, qualcosa che deve partire… e così
c’è chi aspetta una strada da ripercorrere
sperando di andar lontano
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C’è
chi aspetta davanti ad un uscio una nonna stria che si ricordi
di lei |
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C’è
chi aspetta il sole…
ed io mi chiedo se il sole oggi non appaia per paura di
disturbare gli occhi del vecchio Minatore, occhi abituati
al buio.
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C’è
chi aspetta solo una carezza per ripagarti con un sorriso
felice |
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E
chi aspetta un giorno nuovo per farlo diventare un nuovo giorno
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Ed
arriverà un giorno nuovo: sarà di sole, perché
quel minatore se l’è meritato e dal suo gomitolo
luminoso scenderanno fili di luce ad annodare ricordi di morbida
pace, che attraverso il vapore rimasto sull’obbiettivo
della mia macchina fotografica, |
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si
sono composti in un acquerello che mi si è dipinto
nella memoria.
Renato
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